venerdì 14 novembre 2014

La gatta degli Haiku di Giulia Besa

www.vaporteppa.it
Articolo di: AleK

Prima o poi doveva succedere ed è accaduto.
La gatta degli Haiku è la prima opera edita da Vaporteppa ad avermi deluso.

Ci sono fiabe e fiabe, nella tradizione orale le storie sono cambiate varie volte, in alcune Cappuccetto Rosso beve il sangue della madre, ne mangia le carni e viene fatta a brandelli. In altre viene salvata dopo essere stata sbranata.
La prima ha un intento educativo e il lupo è una metafora, l'altra è la versione tranquillizzante, che va tutto bene e alla fine la giustizia trionfa. Credeteci.

Quanto rammarico per quello che sembrava essere un piccolo capolavoro, uno di quei racconti che mentre lo leggi ringrazi l'autrice per averlo scritto. Ma che però si è perso sul finale...


L'inizio è ben fatto, non c'è nulla da dire, in poche pagine già si capisce in che atmosfera si è immersi e qual è il mondo di fantasia ricreato dall'autrice.
Il seguito è meglio.
Non sono uno che si lascia trascinare dal Sense of Wonder, ma in questo caso sono rimasto sbalordito e completamente stregato dalla suggestione del racconto, sembrava di essere immersi in un mondo creato da Enki Bilal, però senza quell'alone surrealista e onirico che generalemente percepisco nelle sue opere.
L'ingegno della scrittrice è stato notevole, non c'è dubbio, non tanto nella creazione delle sue trovate, quanto nell'averle rese vere, palpabili, credibili. I suoi angeli sono stata la cosa più spettacolare e al tempo stesso terrificante che mi sia immaginato, sono riusciti a battere anche le sirene presenti in quel capolavoro di film che è il Peter Pan di P. J. Hogan.
Il tutto era integrato magnificamente con la narrazione, una narrazione un po' audace, nel senso che più di una volta nei primi capitoli ha rischiato di sconfinare nel parossismo esagerato, ma senza mai oltrepassare quel limite pericoloso.
Ero davvero soddisfatto e più continuavo con la lettura, più mi appassionavo, i personaggi iniziavano a mostrare una certa ambiguità e la povera Lilly sembrava un burattino manipolato attraverso la sua ingenuità. C'era quel contrasto magnifico tra la gentilezza della protagonista, disadattata al mondo in cui si è vista catapultare e la crudeltà della realtà, fatta di lezzo, dolore, sangue e merda, che mi impediva di staccare gli occhi dalle pagine e mi faceva percepire come reali le cose più improbabili.

Finché non arrivo alla fine dell'ultimo capitolo, che si conclude con una scena che mi fa sobbalzare dal letto.

Fino a questo punto La gatta degli Haiku è un bel racconto.

Poi arriva l'epilogo. E finisce il mondo.
Era tanto, ma proprio tanto che non leggevo una cosa così sdolcinata e svenevole, degna di un certo film con Tom Cruise, ma indegna per un racconto di questa portata.
Il taglialegna è una figura che, alla fine della fiaba di cui si discuteva, nullifica tutto il messaggio e distrugge la sospensione dell'icredulità.

Un'occasione sprecata.

Stile soave
suggestiva lettura
un blog cinico

 

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